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Renzo Piano e il Centre Pompidou: il museo che cambiò il concetto di museo

Arte e architettura sono due discipline apparentemente distanti in superficie, ma assolutamente interconnesse: due mondi immensi che si incontrano nella realtà di tutti i giorni in un punto fisico ben preciso, il museo.

Se chiedessimo al classico omino della strada cosa gli viene in mente alla parola “museo” quasi sicuramente ci risponderebbe “Il Louvre” oppure “Il MOMA” di New York.

Benissimo!

Eppure è utile sapere che in mezzo a questi esempi casuali si trovano una moltitudine di sfaccettature che rappresentano la storia dell’architettura, dell’arte… insomma tanti esempi che scandiscono l’evoluzione della cultura e degli uomini nel tempo.

Tuttavia, se dovessimo cercare un punto di svolta tra il Louvre e il MOMA, quel limite esatto nel quale la linea cambia curvatura, ecco quel punto preciso si trova a Parigi e si chiama “Centre national d’art et de culture Georges-Pompidou”: per i parigini più semplicemente “Beaubourg”.

Veduta interna del Centre Pompidou – Parigi

Veduta interna del Centre Pompidou – Parigi

Centre Pompidou: un museo per il cuore d’arte di Parigi

Siamo alla fine degli anni ’60 e i luoghi della cultura francesi stanno attraversando un periodo non facile. Georges Pompidou, neo Presidente della Repubblica, decide che è giunto il momento di realizzare un nuovo centro per l’arte contemporanea, ma non solo: serve un vero e proprio incubatore culturale dalle più diverse necessità, da costruire in un’area centralissima di Parigi a pochi passi da Notre-Dame.

Poco tempo dopo viene annunciato un bando e nel 1971 la coppia formata dal 34enne Renzo Piano e da Richard Rogers, davanti ad una giuria internazionale di architetti ed esperti, sbaraglia letteralmente i quasi 700 progetti pervenuti.

Un nuovo modo di concepire il museo

Nonostante il grande successo di critica che lancerà Piano e Rogers sulla scena internazionale, dentro al cuore di Parigi il progetto del museo suscita moltissimo clamore.

La polemica è unanime: come può uno scatolone industriale calarsi nel bel mezzo della Ville Lumière senza deturparne il contesto storico?

La risposta sta proprio nel concetto di “scatolone”!

Fino a quel momento i musei erano visti soprattutto come custodi fisici delle opere d’arte, baluardi difensivi medievali che si erano evoluti in volumetrie più aggraziate, ma ugualmente protettive.

Renzo Piano stravolge proprio questo concetto partendo dalla negazione dell’effetto scatola: un museo è sì un contenitore di opere, ma anche e soprattutto un luogo di incontro, una piazza culturale.
Proprio attraverso il museo la città entra fisicamente con le sue architetture e si riconosce nelle opere che vi sono esposte.

Ingresso del Centre Pompidou – Parigi

Ingresso del Centre Pompidou – Parigi

Trasparenza e versatilità degli spazi

Ma come si fa a garantire trasparenza e leggerezza al volume del museo, mantenendo una versatilità degli spazi per la realizzazione di esposizioni sempre nuove? La svolta vera e propria si compie nella dislocazione esterna delle componenti impiantistiche e nell’utilizzo delle nuove tecnologie costruttive: acciaio e vetro che permettono uno spazio libero interno di 48 metri, fluido e trasparente, in contatto con la grande piazza esterna e gli edifici circostanti del IV° arrondissement.

Artisti in cantiere

Nel corso dei lavori, molti artisti e personaggi influenti della cultura si recano presso il cantiere del Centre Pompidou per confrontarsi con Piano e Rogers: da Umberto Eco ad Antonioni, passando per Italo Calvino e molti altri.

Ma è proprio nel giorno dell’inaugurazione che il regista Roberto Rossellini chiuderà il cerchio di questa sintesi tra arte e architettura, come solo i grandi artisti sanno fare.
Nel girare il documentario sul museo suggerirà a Renzo Piano: “Tu non devi guardare gli edifici, devi guardare gli occhi della gente che guarda gli edifici.”

La storia del Centre Pompidou ci insegna come l’arte e l’architettura possono cambiare il mondo solo se dimostrano il coraggio di cambiare la visione del presente. Dal 31 gennaio 1977, giorno dell’inaugurazione, il “Beaubourg” è uno dei musei più amati dai parigini, ma è anche e soprattutto il primo museo al mondo che infrangendo l’idea di cinta difensiva ha portato l’arte fuori dai caveau, incontro alle città.

Riferimenti:
https://it.france.fr/it/parigi/articolo/renzo-piano-beaubourg-quarant-anni-dopo-e-mia-parigi-2

Immagine di copertina di Manuel Braun